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Da Viale Enzo Ferrari, continuare in direzione di Strada Provinciale 204/Viale Gabriele d'Annunzio/SP204. Prendi Viale Europa, SS16, Via Napoli e Corso Vittorio Veneto in direzione di Piazza Mercantile a Bari. Continuare su Lungomare Augusto Imperatore. Piazza Ferrarese è sulla destra. Proseguire a piedi per Piazza Mercantile.
Da casello Bari Sud dell’autostrada A14 prendere E843, Viale Giuseppe Tatarella, Sottovia Giuseppe Filippo, Via Brigata Regina e proseguire su Lungomare Augusto Imperatore in direzione Piazza Mercantile a Bari. Piazza Ferrarese si trova sulla destra. Proseguire a piedi per Piazza Mercantile.
Arrivano nelle vicinanze di Piazza Ferrarese (per piazza Mercantile è necessario proseguire a piedi) le linee AMTAB 2-4-10-12-12/-21-35
Lungomare Imperatore Augusto-Corso Vittorio Emanuele
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Descrizione
La scenografica facciata di questa chiesa cattura prepotentemente l’attenzione del visitatore che si immette nella piccola piazza del Gesù, nel cuore della città vecchia, nonostante la presenza nell’attigua via degli splendidi palazzi nobiliari Zeuli e Calò Carducci (quest’ultimo recentemente restaurato). La chiesa dei Gesuiti sorse sulle rovine dell’antica chiesa di Santa Caterina il 23 maggio 1589, giorno in cui la prima pietra della ricostruzione fu benedetta dal vescovo di Bitonto Fortiguerra. Sorgeva nella parte meridionale della città, da poco inclusa nelle mura e protagonista di un grande fermento politico infatti la vicina “piazza Maggiore” (oggi piazza Mercantile) era stata da poco scelta per ospitare il Palazzo del Sedile, sede del governo municipale. I Gesuiti, entrati a Bari nel 1583, scelsero con cura il sito su cui edificare la chiesa, gareggiando quanto a imponenza della facciata principale con il vicino monastero di Santa Teresa. Nelle cronache dell’epoca si narra che l’arrivo in città dei Gesuiti modificò profondamente il modo di vivere la religione dei baresi, fino ad allora non abituati neanche al rito della comunione. Se da un lato, nella chiesa vera e propria, i Gesuiti promuovevano un vivere la religione rigido e dogmatico, nell’annesso collegio venne istituita una scuola dove si insegnavano il latino, il greco antico, la retorica e la filosofia. Inizialmente l’Università (municipio) e il clero secolare non favorirono l’arrivo dei Gesuiti per il peso economico che le già povere finanze baresi avrebbero dovuto sostenere. Il progetto venne infatti ritardato fino al 1583, anno in cui l’arcivescovo A. Puteo donò ai Gesuiti la già citata chiesa di Santa Caterina (poi demolita) e l’Università 1000 ducati per le prime necessità. La stessa struttura dell’edificio non riflette i fasti delle chiese gesuitiche di Roma o Napoli, presentandosi con un aspetto sobrio ancorché imponente. Unico spazio lasciato alla decorazione sono gli intrecci di conchiglie a tre valve sul portale d’ingresso. Le eleganti forme tardo settecentesche ricordano le chiese di San Domenico a Ruvo, Santa Teresa a Trani o la nuova cattedrale di Molfetta.
Storia
Nel 1561 il re di Spagna Filippo II invitò l’arcivescovo G. Puteo ad accogliere a Bari l’Ordine dei Gesuiti, già presente in importanti città come Roma e Napoli. Tale processo venne però notevolmente rallentato dalla situazione di difficoltà in cui si trovavano le casse comunali, le quali non erano in grado di sopportare nuove spese per il mantenimento di un Ordine come quello dei Gesuiti. Perciò, se da un lato l’aristocrazia barese appoggiava la proposta di accogliere i Gesuiti, il popolo, l’Università e il clero secolare si opponevano fermamente, ritardando il progetto fino al 1583, anno in cui l’arcivescovo A. Puteo donò ai Gesuiti la chiesa di Santa Caterina lungo la famosa rua Francigena (punto di passaggio per i pellegrini). Il 28 agosto 1595 la nuova chiesa venne finalmente consacrata alla Circoncisione di Cristo. Nel 1613 vennero traslate a Bari le reliquie dei SS. Martiri Rufino, Macario, Giusto e Teofilo a opera di padre Antonio Beatillo in un’arca di cristallo, la quale dovette affrontare una violenta tempesta prima di giungere in città. Il collegio venne ampliato nel 1651, accorpando i palazzi Alberotanza e Debussè siti in strada Palazzo di Città. La chiesa venne abbandonata tra il 1767 e il 1773 quando i Gesuiti vennero espulsi dal regno di Napoli e l’Ordine venne soppresso da papa Clemente XIV. Quando vi rientrarono nel 1885, furono avviati dei lavori di restauro continuati fino al 1978. La chiesa attualmente è affidata all’Ordine Equestre del Santo Sepolcro, che vi ha allestito anche un piccolo Museo documentario.
Arte e architettura
La chiesa dedicata al Nome Santissimo di Gesù (conosciuta fino al 1935 come chiesa della Circoncisione del Signore per la grande tela sull’altare maggiore) è stata edificata tra il 1589 ed il 1595, sull’area dell’antica chiesa di Santa Caterina (successivamente demolita), con annesso il collegio dove i Gesuiti tenevano le loro lezioni. L’isolato si inserisce nella parte sud della città entro le mura, nei pressi del nuovo polo del Palazzo del Sedile in Piazza Mercantile e della nuova porta nella cinta muraria, e condivide la piazza del Gesù con il palazzo Calò Carducci (vedi scheda), palazzo Zizzi e una balconata in strada del Gesù. L’edificio, delimitato ad Est dalla via Francigena, esprime negli elementi, nelle forme e nelle soluzioni spaziali e costruttive un’architettura sintetica, specifica del genere pauperista che caratterizzava le opere della Compagnia del Gesù: una fabbrica essenziale nelle linee con una radicale riduzione degli elementi accessori e ornamentali. Si esalta il valore simbolico degli spazi dei sacramenti e si valorizzano i luoghi della predicazione, con una drastica semplificazione stilistica, per favorire la concentrazione dell’assemblea sulla Messa e l’Eucarestia, in linea con i principi di funzionalità, essenzialità e semplicità dello “stile della povertà”. I partiti decorativi presenti sono eccezioni imposte dalle ricche committenze locali che ben inseriscono l’architettura nel tessuto circostante, così come appartengono ad epoche successive i marmi e gli affreschi dell’interno. Dopo anni di chiusura totale, restauro (tra il 1740 e il 1749), impiego come teatro, alloggio militare e seggio comunale, la chiesa viene affidata ai cavalieri dell’ordine equestre del santo sepolcro di Gerusalemme, restaurata e riaperta al culto nel 1986. L’ultimo restauro tra il 2007 e il 2010 ci permette di ammirarla in tutto il suo splendore architettonico, anche se la limitata dimensione dello spazio antistante il prospetto ne consente una percezione integrale del fronte solo da alcuni punti di vista. La facciata barocca è ripartita in due ordini da una cornice aggettante, ricurva al centro, e presenta sei grandi lesene decorate; le due paraste alle estremità, concluse in asse da piedistalli rastremati con sfere lapidee, incorniciano le parti laterali spoglie; quelle centrali binate individuano la fascia principale che propone superiormente una grande finestra mistilinea barocca, mentre in corrispondenza dell’unico accesso si apre una grande conchiglia bivalve con ricci e cartigli, sovrastata da uno stemma.
In alto un singolare acroterio con contrafforti a volute sostiene la Croce. La candida pietra calcarea del portale e della zoccolatura nell’attacco a terra si distingue dall’apparato murario in tufo locale che presenta una lavorazione “a faccia vista” ed una posa in opera a squadro.
La chiesa ad unica navata è articolata in tre parti: -il vestibolo con un coro ligneo che sormonta il portale d’ingresso; -l’aula centrale presenta un ambiente compatto e rettangolare (30 x 18m) scandito da alte paraste addossate a pilastri, che definiscono simmetricamente con arcate a tutto sesto delle pseudo cappelle laterali; quelle centrali, più larghe, profonde e con un’imposta più alta, individuano l’asse trasversale mediano e custodiscono le grandi tele incorniciate dei Santi gesuiti (gli spagnoli Ignazio da Loyola e Francesco Saverio fondatori dell’ordine nel 1534); sulle arcate laterali sono applicati invece dei medaglioni con dipinti recenti di altri Santi dell’ordine; nelle cappelle, sovrastate da finestre con griglie nelle lunette, si inseriscono tre coppie di altari in marmo policromo con tele; gli altari a destra sono dedicati a San Giuseppe, a San Francesco Saverio e a San Nicola, quelli a sinistra alla Madonna dei Martiri (con trittico), a San Ignazio da Loyola, e l’ultimo con un crocifisso ligneo. I dipinti appartengono ad un periodo successivo, così come il rivestimento degli altari (fine XVIII sec), in origine lignei. A metà navata, sulla destra, troviamo l’unico elemento che eccede la simmetria, in posizione privilegiata coerentemente con la funzione fondamentale che rappresenta per l’ordine: l’elegante pulpito con parapetto ligneo e baldacchino a frange da cui i padri Gesuiti predicavano.
-il presbiterio con abside semicircolare, in cui l’altare maggiore (di forme tardo barocche, donato nel 1850 e dedicato a Santa Filomena) costituisce il centro liturgico e prospettico dell’intera aula, è inquadrato da un arco trionfale che riporta in alto la grande scritta “Jesu tibi sit gloria” e lateralmente due coretti con balaustre bombate in marmo bianco e grate intagliate in legno; nelle pareti laterali a sguincio, si trovano i due ingressi alla sacrestia. L’altare è cinto da un parapetto in pietra con cancelletto di accesso in metallo, mentre i quattro gradini sollevano in posizione dominante lo spazio conclusivo della chiesa, che termina con una parete concava scandita da lesene e catino superiore suddiviso in spicchi, su di una trabeazione a doppia cornice; di epoca successiva invece è l’edicola con timpano spezzato da raggiera, che contiene la statua del Sacro Cuore in gesso dipinto, così come l’altare al centro in marmo di Carrara con croce potenziata. Il cornicione raccorda e definisce l’intero perimetro dell’unica navata, coperta da una volta a botte unghiata e suddivisa in tre campi con diversi affreschi: ai lati una colomba e nei pennacchi della bassa calotta ellittica centrale i quattro evangelisti. La pavimentazione (non originaria) è a rombi alterni di marmo e bardiglio. Le cappelle laterali e l’arco trionfale sul fondo come i grandi pilastri in successione e la modulazione delle pareti, s’impongono nello spazio liturgico definendo una visuale prospettica verso l’altare.
Cultura popolare
Fra le tele esposte nella chiesa del Gesù vale la pena soffermarsi su quella dedicata a Sant’Ignazio di Loyola, del XVII secolo di autore napoletano, ma soprattutto su quelle del pittore barese Michele Montrone (per esempio quella dedicata a San Nicola), autore molto apprezzato nel territorio quale esecutore di numerose opere religiose e devozionali nella terra di Bari nonché autore di alcune immagini delle edicole sacre della città vecchia, fortemente legate alla devozione popolare.
Nella struttura sono attualmente ospitati i Misteri della Passione, secondo gruppo processionale, precedentemente accolto nella chiesa della Vallisa, noto tra i cittadini come “i piangenti” a causa della tradizionale pioggia che di solito accompagna la processione del Venerdì Santo.
Lungo la vicina via di Palazzo di Città, sulla facciata di Palazzo D’Amelj, vi è l’edicola sacra dedicata alla Madonna dei Lumi, contenente una tela trasferita dalla chiesa del Gesù, opera del pittore sacerdote Nicola De Filippis. La collocazione all’esterno fu quasi contestuale alla soppressione (per quanto temporanea) della Compagnia di Gesù, nel 1773, da parte di Papa Clemente XIV. La tela attesta la persistenza di un culto singolare, nell’ambito della religiosità del Cuore perseguita in varie forme dalla Compagnia di Gesù, riccamente documentata anche in santini e oggetti devozionali (Mariella Basile).