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Da viale Enzo Ferrari continuare in direzione di Strada Provinciale 204/Viale Gabriele d'Annunzio/SP204. Prendere Viale Europa, SS16, Via Napoli e Corso Vittorio Veneto in direzione di Via Venezia a Bari. Seguire Via Venezia e Largo Papa Urbano II fino a Piazza S. Nicola.
Da casello Bari Sud dell’autostrada A14 prendere E843, Viale Giuseppe Tatarella, Sottovia Giuseppe Filippo, Via Brigata Regina e proseguire su Corso Antonio de Tullio in direzione di Via Venezia a Bari. Seguire Via Venezia e Largo Papa Urbano II fino a Piazza S. Nicola.
Arrivano nelle vicinanze di Largo Abate Elia le linee AMTAB A (area sosta Piazza Massari)- 2/-10-12/-35.
Lungomare Imperatore Augusto-Area Parcheggio Museo Archeologico
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Descrizione
Dopo aver percorso l'intera muraglia barese, verso Nord, ci si addentra nel borgo antico e si scoprono gli stretti vicoli che conducono alla piazza di Santa Maria del Buonconsiglio, uno degli angoli più pittoreschi della città vecchia. Demolita negli anni Trenta, nell’ambito di una scellerata opera di restaurazione che si proponeva di riportare alla luce il lato “romanico” della città di Bari, della ex chiesa bizantina, originariamente un edificio absidato a tre navate, rimangono oggi le colonne romane con i rispettivi capitelli in parte corinzi e il pavimento musivo a tasselli policromi. La chiesa era nota alla storiografia locale per le sue origini leggendarie: si narra infatti che sia sorta a seguito di una controversia nata fra Baresi e Bizantini culminata in un omicidio nel 946; i Baresi si opponevano alla decisione dei Bizantini di arrogarsi il diritto di accompagnare le spose all’altare. Il mal consiglio che aveva portato allo spargimento di sangue sarebbe poi sfociato nella tregua, il “buon consiglio” che dà il nome alla chiesa. La struttura dell’ex chiesa ha origini molto antiche. Rilievi effettuati negli anni Ottanta del Novecento hanno infatti rivelato che la struttura risalirebbe a un periodo tra il X e il XII secolo (probabili due fasi di costruzione). Tali ricerche archeologiche hanno portato alla luce reperti che attraversano quasi ogni epoca storica, ripercorrendo la storia della città dall’età del Bronzo al medioevo.
Storia
La chiesa è stata costruita tra la fine del IX e la metà del X secolo, datazione confermata dal ritrovamento di monete degli imperatori bizantini Teofilo (829-842), Basilio (867-886), Leone VI (886-912) e Costantino VII (913-959). La struttura è a tre navate divise da pilastri e l’intera superficie della chiesa è ricoperta da un pavimento musivo a tasselli policromi strutturato a riquadri con motivi ornamentali diversi (losanghe, rombi, spine di pesce, fiori a sei petali, scacchiera, reticoli), risalente alla ristrutturazione totale che interessò l’edificio tra XI e XII secolo. Dell’antico pavimento musivo risalente al X secolo rimangono pochi tasselli superstiti. Un saggio stratigrafico è potuto risalire a fasi archeologiche antecedenti al IX secolo, fino all’età del Bronzo. È stato infatti rinvenuto un fondo di capanna costruita in pietre calcaree e argilla risalente al XVI-XV secolo a.C (attualmente non visibile).
L’edificio religioso aveva coperto un sepolcrato altomedievale le cui tombe a fossa erano state danneggiate dalla costruzione di una galleria-cisterna. Un secondo sepolcrato su due livelli, medievale e altomedievale, si estendeva nella parte retrostante l’abside, con circa venti tombe a fossa o a cassa, alcune delle quali ricche di corredi (ceramiche, monete, fibbie e monili). La presenza dei due sepolcrati è testimonianza della ricchezza dell’insediamento religioso e segna l’inizio dell’espansione della città verso la sua parte esterna (Lavermicocca).
Dopo il rifacimento dell’edificio nel XII secolo non si hanno più notizie fino al 1560 anno in cui la chiesa iniziò ad ospitare le monache agostiniane, dette “del Rocchetto”, nonché un Monte di Pietà, per il sostentamento delle orfanelle, istituito dalla regina Bona Sforza. Alla morte della Regina fu assegnato all’orfanotrofio, che continuò a funzionare fino al 1824, un legato di mille scudi a coprire la dote di dieci fanciulle della struttura. Dopo il 1824 la chiesa venne abbandonata fino all’ epoca della demolizione avvenuta nel 1939. Vi si venerava la Madonna degli Angeli effigiata in un affresco risalente al XVI-XVII secolo, di cui rimane oggi solo una riproduzione.
Arte e architettura
Dopo aver percorso la muraglia (vedi scheda) e raggiunto il monastero di Santa Scolastica (vedi scheda), dopo aver percorso qualche decina di metri, addentrandosi nel borgo antico, si arriva in piazza Santa Maria del Buonconsiglio. Oggi tale luogo si presenta come uno spazio aperto, al cui interno si elevano otto colonne e due pilastri rettangolari a cui sono addossati due semicolonne con base modanata. Sono i resti della Chiesa di Santa Maria del Buonconsiglio, demolita nel 1939. L’edificio di culto a tre navate con una sola abside è visibile grazie allo scavo archeologico e ai restauri effettuati nel 1983 che hanno messo in luce i mosaici della pavimentazione a tesselli calcarei policromi e i muri perimetrali. Sei delle otto colonne, tutte di spoglio, sono sormontate da capitelli corinzi che ricordano quelli conservati nel cortile del Castello Svevo, appartenenti probabilmente proprio alle prime due colonne della Chiesa.
Prima dei restauri dell'83, l'immagine della piazza era stata deturpata dall'inserimento di marciapiedi e di un parcheggio, ma le notizie riguardanti la chiesa negli scritti dello storico Antonio Beatillo (Historia di Bari, 1637) e la reverenza dei cittadini per un'antica immagine della Madonna di cui restano deboli tracce, lasciano desumere l'importanza dell’edificio di culto nel contesto dell'edilizia religiosa del borgo antico.
Si diede inizio così ad un'esplorazione archeologica preliminare al restauro, ad opera della Soprintendenza Archeologica, che fece emergere ben tre livelli di pavimentazione della chiesa, corrispondenti a tre fasi. Il primo strato, più profondo, risale al X secolo e corrisponde all’impianto originario della chiesa a tre navate con pilastri con un pavimento musivo costituito da formelle policrome in marmo miste a cotto, accostate a formare motivi geometrici. A distanza di qualche decennio viene innalzato il piano di calpestio di 15 cm, mantenendo sempre una pavimentazione dello stesso tipo e qualità di quella originaria. La seconda fase, risalente al XII secolo, è quella più rilevante, perché la pavimentazione (ritrovata ad 80 cm sotto il piano stradale attuale) è costituita da tessere di calcare e marmo di cm 12x12 e 10x10 circa, con motivi decorativi variamente combinati che ricoprono l'intera navata centrale. Si tratta di una ristrutturazione in cui i pilastri originari vengono sostituiti da colonne e capitelli di spoglio. Infine, la terza ed ultima fase del XVII-XVIII secolo, è deducibile dallo strato a 50 cm dal piano stradale, costituito da murature perimetrali, che emergono insieme ai resti dei pilastri della navata centrale e ad un pavimento di piastrelle in cemento in pessimo stato. Un'indagine sulle murature testimonia la presenza di antiche lesene intonacate che probabilmente costituivano non solo l'apparato decorativo barocco, ma fanno presupporre una copertura a volta per le navate laterali. Si tratta di una consistente ristrutturazione della chiesa che favorì la permanenza delle monache "Rocchettine" fino al 1824, anno in cui la chiesa viene lasciata in uno stato di abbandono, fino alla sua demolizione del 1939. Con i restauri del 1984 sono stati risanati i pavimenti, consolidate le murature, rafforzate le colonne tramite armature in acciaio e ripristinata l'originaria rete viaria intorno alla chiesa.
Durante gli scavi, al di sotto della chiesa, è stato ritrovato inoltre un sepolcreto altomedievale, costituito da tombe a fossa, danneggiate da una cisterna fatta edificare da Bartolomeo de Risi. Ne è testimonianza un'epigrafe posta sul muro perimetrale della chiesa, originariamente collocata sulla porta dell'edificio di culto. Un ulteriore sepolcreto è presente, inoltre, nell'area retrostante l'abside, con oltre venti tombe a fossa e a cassa, alcune delle quali contenenti oggetti di corredo funerario. La presenza dei due sepolcreti testimonia l'importanza dell'insediamento religioso, che ha raggiunto il suo apice nel X-XI secolo. Un'antica tradizione narra dell’usanza che un rappresentante della nobiltà cittadina accompagnasse la sposa in quella chiesa nel giorno delle nozze. Il tentativo di ostacolare questa consuetudine da parte dei bizantini suscitò una rivolta armata dei cittadini baresi, che nel 946, riuscirono a prevalere sui dominatori. A seguito di questi eventi la chiesa, prima denominata della Madonna del Popolo, prese il titolo di Santa Maria del Buonconsiglio. Al di là della veridicità della vicenda, difficilmente dimostrabile, è interessante come l’eco delle turbolenze sociali del X secolo che vede confrontarsi bizantini, longobardi e successivamente normanni per il controllo del territorio e della città, sia rimasto nelle narrazioni e nelle leggende popolari. Un ulteriore motivo di interesse per questo luogo è il ritrovamento dietro l’abside, sempre durante gli scavi del 1983, dei resti di una capanna di forma circolare risalente all’età del bronzo. Il ritrovamento lega questa zona alla vicina area di San Pietro e fa di questa parte urbana, all’estremità della penisola su cui è sorta la città, come una delle prime aree occupate dall’insediamento umano più antico. I resti della capanna non sono visibili attualmente perché ricoperti alla fine dello scavo.
Cultura popolare
Della chiesa, un tempo denominata Santa Maria del Popolo, poi diventata Santa Maria del Malconsiglio, infine Santa Maria del Buonconsiglio, si tramandano poche e confuse notizie. La più nota tratta da una cronaca di Lupo Protospata relativa a una sorta di “Vespri baresi” descrive della ribellione antibizantina dei cittadini di Bari contro la pretesa dei greci di accompagnare in chiesa le spose dei locali (Beatillo). L’ira repressa dei giovani sposi e dei loro parenti sfociò in una violenta rivolta contro i bizantini, con tanto di spargimento di sangue tra le colonne di Santa Maria. La rissa fu sedata all’ombra del sacro tempio con la ratifica di nuove regole di convivenza. Al di là della veridicità dell’evento, esso è comunque testimonianza dell’ambiente storico-sociale dell’epoca e della incidenza che, nel tessuto sociale della città, avevano le numerose etnie presenti.
Interessante è anche quanto riferito da una iscrizione presente sui muri attorno alla chiesa, relativamente al munifico atto di tale Bartolomeo de Risio: nel 1511 fece costruire una cisterna dove raccogliere l’acqua per dissetare la sitibonda povera gente oppressa dalla calura estiva. Il testo riporta anche il modo di uso dell’acqua ed è stato tramandato dagli scritti del Beatillo.